Il rap è la sua passione, scrive testi, canta e balla per dire no al razzismo, ma anche ai luoghi comuni, alle tradizioni popolari e culturali che non le appartengono. Lei è Diana una giovane ragazza di origine egiziane che incontriamo all’IrDA, l’associazione che accoglie molti ragazzi stranieri e che cerca con lo sport, la musica e l’arte di abbattere le barriere e vincere ogni forma di razzismo. «Sono nata a Milano – ci racconta  Diana. – sono egiziana d’origine, ma da sempre vivo qui e mi sento italiana». Non stentiamo a crederle dal momento che si presenta in jeans e top, con le braccia scoperte e i lunghi capelli neri come unico velo sulle spalle nude.

«Niente matrimonio combinato, sono italiana»

«I miei genitori vorrebbero che avessi un abbigliamento più castigato e che io uscissi solo con le “tipe” – ci confida durante l’intervista usando un linguaggio tipico delle ragazze della sua età – ma io non vedo nulla di male ad uscire anche con i ragazzi». Ride mentre cerca di nascondere un certo imbarazzo per l’idea di dover rispettare un codice etico che non le appartiene. Diana è egiziana copta, nata e cresciuta a Milano, ma con una famiglia che vorrebbe tenere viva la tradizione del Paese d’origine. Quindi niente velo, ma abbigliamento casto. «Litighiamo spesso per questo – prosegue – soprattutto con mio padre. Mamma invece cerca di comprendere le mie ragioni e mi sostiene» racconta Diana con orgoglio. Più grande di quattro fratelli, ama giocare a calcio e sogna di fare la hostess per conoscere il mondo perché dice «oggi il mio è troppo piccolo per bastarmi».

Promessa della musica

Giovane promessa del rap, per Diana la musica è lo strumento di ribellione ad un matrimonio combinato e ad un futuro chiuso in quattro mura a crescere un nugolo di piccoli come vorrebbe la tradizione del suo Paese d’origine. «Mi sento italiana, ma anche egiziana – puntualizza-, in realtà mi sento cittadina del mondo. Ho amici italiani, egiziani, arabi, marocchini e brasiliani. Non credo che il colore della pelle o la diversa cultura debbano alzare dei muri, anzi sono convinta che il dialogo ed il confronto possano essere un arricchimento per ciascuno di noi». Un messaggio forte che Diana e gli altri ragazzi portano anche in radio, la loro radio realizzata in maniera artigianale proprio all’IrDA che permette ai giovani di parlare, di confrontarsi su politica, attualità e sul domani. Un futuro che Diana e i suoi amici hanno messo in musica e cantano «Siamo sempre tutti uguali con i sogni nelle mani, io combatto per un abbraccio, uguaglianza e rispetto, libertà scritto in un testo. Il sapere è un’arma che combatte l’ignoranza»

IrDA dove egiziani, palestinesi, cattolici e musulmani sono amici

Pregiudizi e discriminazione non abitano all’IrDA, dove si intrecciano amicizie forti tra egiziani
e palestinesi, tra cattolici e musulmani o egiziani copti.

«Eppure, le ragazze quando arrivano alla maggiore età scoprono molte restrizioni all’interno della propria famiglia di origine e soffrono. Il mondo sembra voler far pagare a loro il conto di secoli di divisioni, di contrasti e di guerre intestine – ci spiega Leslie, che di questo centro è l’anima –. Se il velo o il burkino al mare non sono un problema, ma una forte convinzione, l’idea di avere un marito sconosciuto, scelto dalla famiglia rappresenta l’ostacolo più grande da superare per gli stranieri di seconda generazione di origine araba. Allora si inaridiscono i rapporti con le famiglie e loro, vittime sacrificali di un mondo che non riconoscono, devono adattarsi, o ribellarsi. Qualcuna ci riesce, per altre è una condizione non ammissibile e allora si perdono. Vengono sempre meno al centro, finché un giorno vanno via, incontro al loro destino».

By Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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