Per battere il gioco d’azzardo, un gruppo di cittadini della parrocchia di San Curato D’Ars, a Giambellino, ha ideato gli aperitivi no slot, momenti di convivialità promossi per premiare i bar virtuosi che scelgono di non avere le macchinette. Tra le piaghe del municipio 6 il gioco d’azzardo sembra essere una delle più sanguinanti, almeno lo era fino al 2015 quando è partita una vera e propria sfida da parte di cittadini ed istituzioni per dire stop alle macchinette. <<Il movimento no slot – spiega Rossella Sacco, figura di riferimento gruppo di parrocchiani di San Curato d’Ars che combatte il gioco d’azzardo – nasce dall’esigenza che si è venuta a creare in questo municipio quando ci siamo resi conto che in troppi locali c’era un uso ed abuso di slot machine. Abbiamo perciò studiato un format che potesse agire su due fronti: sensibilizzare la popolazione, in particolare giovani ed anziani, e coinvolgere la politica e le istituzioni>>. Al primo incontro nel 2015 hanno preso parte Angela Fioroni, sindaco di Rho, da cui era partita l’idea del format, David Gentile presidente della commissione antimafia e l’assessore Granelli che aveva le deleghe di sicurezza e volontariato. <<I primi incontri sono stati di presa di coscienza – prosegue Rossella, mentre ci mostra immagini di incontri, raduni, eventi in cui il tema preponderante era divertiamoci con altro, ma non con le slot machine. –  Tra le tante iniziative del movimento resta impresso nella memoria degli abitanti del municipio 6 il flash mob del 2015, l’anno zero della grande battaglia no slot. All’iniziativa hanno preso parte molte associazioni da Spazio Aperto Servizi, alla Comunità del Giambellino, Comunità Nuova, fino alla Caritas Ambrosiana e alla Cooperativa A 77. Con tutte abbiamo sottoscritto un accordo di massima per avviare un’azione congiunta. La prima uscita è stata in Piazza Frattini, sempre nel 2015, quando erano in corso lavori di ristrutturazione della piazza e il bar aveva una nuova gestione. Una sinergia che ha portato ad un cambiamento radicale. Sono state organizzate attività di gioco tradizionale dalle associazioni come ping-pong, bigliardino e poi giochi statistici con il calcolo delle probabilità per mostrare ai residenti, in particolare ai giovani, come fosse difficile arrivare ad una vittoria>>. Il risultato è stato sorprendente: alla ferma intenzione di proporre un nuovo stile di vita, senza slot machine, la gente ha risposto con una grande partecipazione. <<Erano gli stessi abitanti ad indicarci quali bar avevano abbandonando il gioco d’azzardo, un lavoro certosino che ci ha permesso di fare una mappatura dei bar del municipio – prosegue commossa Rossella – Sono nati anche gli aperitivi NO SLOT. Uno alla settimana durante il quale partecipano  i cittadini per dire basta al gioco d’azzardo. Il momento di intrattenimento si concludeva sempre con una premiazione simbolica, di solito un quadretto di cartone, ai bar che avevano abdicato a favore di una convivialità più sana>>. <<Oggi cerchiamo di dare anche dei supporti di formazione – aggiunge Rossella – mentre il raggio di azione si è allargato fino a coinvolgere anche il municipio 8. L’obiettivo è sensibilizzare sempre più i giovani, spiegare loro con lezioni di economia civile i pericoli del gioco d’azzardo, portare nelle scuole testimonianze come quella di Lucia, vittima due volte del gioco d’azzardo che si è mangiato le risorse economiche e gli affetti. Un cancro che a poco a poco ha corroso la famiglia, ma non è riuscito a vincere sulla tenacia di questa donna determinata che, con il supporto del comitato e di tanti volontari è riuscita a salvare il marito>>.

LUCIA: LA MIA VITA CONTRO LE SLOT MACHINE

Lucia ha gli occhi stanchi, ma lo sguardo fiero. La incontro un pomeriggio di fine estate, ha voglia di raccontarsi, ma anche il timore di non essere compresa fino in fondo. Sa che la sua storia è la storia di tante famiglie del municipio sei che purtroppo da anni vivono il dramma del gioco d’azzardo. Un male invisibile che corrode anima e sogni, che quando si manifesta ha già fatto danni irreparabili. È stato proprio così anche per Lucia. 55 anni spesi per la maggior parte a seguire i tre figli, costretti a crescere troppo in fretta specchiandosi in una madre tenace e mai arrendevole e in un padre troppo debole per rinunciare ad un vizio che ha piegato la loro vita. <<Erano bambini quando è scoppiata la bomba in famiglia – ci racconta Lucia cercando di trattenere il respiro per non dare il sopravvento alla commozione – un giorno per caso da un estratto conto della banca scopro un numero considerevoli di prelievi a cui non riesco dare un senso. Qualche domanda è bastata per capire.  E, nonostante il tentativo di mio marito di negare tutto, è arrivata la confessione, fredda come un iceberg che gela il cuore ed un pugnale che si conficca nella schiena>>. Sono trascorsi venti anni da quel momento, ma per Lucia riattualizzarlo è un attimo, nessun ricordo sbiadito, il dolore è ancora vivo oggi come allora, quando la ludopatia era una patologia sconosciuta ai più ed il gioco d’azzardo un vizio di qualcuno visto in televisione. <<La consapevolezza di essere caduta in un vortice che risucchia l’anima e il cervello è stata pressoché immediata – ammette Lucia mentre guarda nel vuoto – non ero preparata e la situazione mi è sfuggita di mano. Avevo tre bambini piccoli da accudire ed il primo pensiero è andato a loro. Ero arrabbiata con mio marito perché aveva bruciato i nostri soldi e il nostro futuro senza neppure rendersene conto>>. Tira il fiato Lucia, si passa la mano nei capelli e poi riprende <<non aveva giocato grosse cifre, ma quaranta euro al giorno per tanto tempo avevano lasciato il segno e, se in un primo momento, ha tentato di trovare giustificazioni nelle spese fatte, poco dopo il castello delle menzogne che si era costruito è crollato sotto i colpi della mia insistenza>>. Un’ammissione che crea uno squarcio nella famiglia, ma non la consapevolezza in Guido di avere un problema. <<Niente affatto – riprende Lucia – ci sono voluti molti anni prima che mio marito capisse di avere un grosso problema, ed io con lui. Troppo distratta dai bambini che crescevano tra mille battaglie e con continue rinunce per far fronte alle difficoltà economiche che diventavano sempre più grandi, finché pochi anni fa la doccia gelata di dover coprire un buco di decine di migliaia di euro con il rischio che mio marito perdesse davvero tutto, lavoro compreso. La caduta libera conclusiva, quella che è stata anche una liberazione, mi ha fatto prendere per mano la situazione. A trascinare nel baratro il giocatore l’ultima volta sono stati i gratta e vinci>>. Appena sbarcati in Italia sono diventati il vizio preferito di Guido che, dopo aver provato macchinette, bische, lotto e superenalotto ha trovato nei gratta e vinci l’ultima frontiera del gioco e l’ultimo tratto di una caduta precipitosa che si è conclusa rovinosamente. <<qualche volta avrà pure vinto, quando eravamo ragazzi siamo stati al Casinò insieme, abbiamo giocato e vinto poche lire, ma nulla di più.  In realtà però quelle prime esperienze hanno segnato mio marito al punto da far diventare il gioco un vizio>>. Lucia negli anni ha tentato di tutto per risollevare dal baratro della ludopatia in cui era caduto il marito, ma invano. <<sono stata anche alla guardia di finanza – ammette – ma senza avere alcun aiuto. Probabilmente ho sbagliato ufficio, o non sono stata abbastanza convincente>>. Le parole di Lucia risuonano come un’ammissione di colpa di una donna che ha cercato in tutti i modi, da sola, di aiutare il marito.  <<Per un certo periodo Giudo va con una certa regolarità da una psichiatra che lo avvia ad un percorso di riabilitazione, con un esito però poco confortante>>.  Alla mancanza di volontà, con gli anni, si aggiunge una maggiore disponibilità economica per l’uomo. <<Prende soldi e poi li rimette nel conto poche ore dopo. Il gioco sembra facile e soprattutto sicuro, finché quella che doveva essere una vincita certa, si trasforma in una cocente sconfitta e una perdita cospicua di denaro>>. La menzogna non regge più e Guido è costretto a chiedere aiuto a Lucia. Il resto è storia recente, la donna intercetta il dramma del marito e, anziché voltargli le spalle, cerca una via di uscita. La trova anche grazie alle amiche di sempre, un porto sicuro, un’ancora a cui aggrapparsi per essere tratta in salvo. E loro, le amiche non si tirano indietro. Anzi il movimento prende forza, le mani tese da quattro diventano otto e poi sedici, tutti insieme formano un cordone di solidarietà e inizia la battaglia per liberare il municipio dalla schiavitù del gioco di azzardo con convegni nelle scuole e con gli aperitivi no slot nei bar che hanno fatto una scelta coraggiosa, consapevole e di legalità.

Per una Lucia che ce l’ha fatta, quante sono ancora le donne e gli uomini soprattutto anziani costretti a vivere sotto la scure del gioco d’azzardo che ha dilaniato la loro vita?

<<La solitudine è una grande alleata del gioco d’azzardo – spiega Susanna, che nel gruppo parrocchiale è molto attiva. – Anche tra le nuove generazioni non mancano i casi di dipendenza. In quella direzione – prosegue – abbiamo fatto un lavoro prezioso con i ragazzi delle scuole che hanno realizzato un giornalino di quartiere, contaminato i coetanei con interviste e gruppi WhatsApp, tutto per trasmettere il concetto del: no slot è bello>>.  Un lavoro premiante che merita continua attenzione.

By Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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