È un piccolo negozio di vicinato, un fiore nel deserto con il quale far crescere un’oasi di benessere per chi vive sul territorio e per chi ha delle fragilità. Si chiama Il bottegaio NoStrano ed è un negozio di prodotti alimentari biologici ad alta qualità  etico e solidale, situato nella periferia nord di Milano. Siamo a Dergano, quartiere popolare abitato anche da molti giovani che frequentano la sede del Politecnico di Milano non lontano dalla stazione Bovisa. Anche qui al civico 14 di via Tartini ci sono molti giovani, ma sono  ragazzi  speciali che fanno parte della Fondazione CondiVivere. Ragazzi con disabilità che sono riusciti a creare un’attività lavorativa efficiente, perfettamente inserita nel quartiere. Ci accoglie Teresa Bellini. Lei  è la referente della Fondazione e mamma di Alberto, un giovane di 31 anni affetto da deficit cognitivo grave.

Con “Sì, si può fare” anche i ragazzi con disabilità lavorano

La gestione del negozio di vicinato è affidata alla cooperativa “Sì, si può fare”, creata dalla Fondazione CondiVivere e oggi vero e proprio  mantra per i ragazzi disabili e le loro famiglie. «Si tratta di un laboratorio pedagogico per lo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale – spiega Teresa –   qui i ragazzi apprendono attraverso dei ruoli, hanno delle responsabilità e imparano a gestire delle relazioni. In questo modo  sviluppano le capacità cognitive in un contesto inclusivo». A fare la differenza in questo punto vendita che profuma di umanità è proprio il concetto di lavoro e inclusione. Infatti, qui i ragazzi con disabilità vengono seguiti da un educatore che, sulla base delle caratteristiche e delle passioni che manifestano, avvia un processo di inserimento lavorativo.

Un laboratorio pedagogico per lo sviluppo cognitivo

In questo piccolo negozio di vicinato, i commessi sono tutti ragazzi con disabilità che accolgono i clienti, dialogano con loro, li servono, incassano i soldi e rilasciano lo scontrino, sempre con un sorriso. «Chi entra sa che questo è un ambiente molto accogliente, ma che ha ritmi lenti– fa notare la mamma di Alberto -. Le relazioni sono amichevoli, quasi affettuose da parte dei clienti e questo è un valore aggiunto che fa bene a tutti». E i risultati di questo lavoro si percepiscono anche nei particolari.

Una palestra di vita per i ragazzi disabili

Tutti gli scaffali sono ordinati in modo da agevolare i ragazzi che si alternano nell’arco della giornata. Ad accompagnarli  in questo percorso formativo ci sono gli educatori della cooperativa. «Questo è una “palestra” per creare le basi per il futuro, quando i ragazzi saranno inseriti in contesti lavorativi esterni». Un tabellone delle responsabilità nel retrobottega è il timone del lavoro settimanale: sono riportate mansioni, turni ed educatori di riferimento. «Usiamo molte facilitazioni visive – puntualizza la referente di CondiVivere – come il calendario e la tabella delle consegne. Tutto è organizzato. Inoltre i ragazzi  che lavorano sono soci della cooperativa “Sì, si può fare” e quindi hanno voce in capitolo nelle decisioni da prendere per il negozio».

Percorso formativo personalizzato per i ragazzi con disabilità

Anche l’aspetto commerciale è gestito in modo pedagogico.  «Insegniamo a rispettare scadenze, leggi, persone – spiega Francesca Melchiorre, psicologa e pedagogista responsabile del Bottegaio Nostrano -. In questo modo cerchiamo di responsabilizzare il disabile . L’obiettivo è formare un uomo in grado di misurarsi all’esterno in un ambiente di lavoro. Si parte da ciò che il ragazzo sa fare e cerchiamo di migliorare le sue competenze, rendendo la persona protagonista».

L’occhio vigile del comitato scientifico

Un metodo decisamente  inclusivo che parte da lontano. A idearlo è stato il professor Giovanni Cuomo, docente di pedagogia che ha messo a punto un metodo chiamato “emozione di conoscere e desiderio di esistere”. Al suo metodo si ispira il comitato scientifico AEMOCON formato da Cinzia De Pellegrin e Alice Imola, pedagogiste, e la psicologa Elisabetta Bacciaglia. «Gli apprendimenti e le capacità cognitive non vengono fuori con degli addestramenti ma emergono in contesti dove c’è una spinta emotiva esistenziale. Là si impara più facilmente e si trovano delle strategie giuste per risolvere i problemi», puntualizza Teresa.

Il ruolo della famiglia

Il processo formativo  ha inizio in famiglia. «L’inserimento lavorativo di un ragazzo disabile deve essere avallato e voluto, prima di tutto, dai genitori –  dice Teresa  -. Poi la formazione è estesa agli educatori ed è continua. Ogni qualvolta si verifica una situazione critica il comitato scientifico, che è la cabina di regia,  indica le strategie per affrontare le difficoltà».  Una volta terminato il tirocinio i ragazzi che lo desiderano e che mostrano determinate abilità vengono inseriti in contesti lavorativi più grandi.  «Ciò che ci contraddistingue – tiene a precisare Teresa – è la metodologia adottata per arrivare ad un inserimento lavorativo dei ragazzi».

Protocollo per l’inserimento lavorativo personalizzato

Per questo la cooperativa si avvale di un protocollo per l’inserimento lavorativo. «Si basa su un’analisi delle cosiddette abilità residue,  poi delle attitudini e, sulla base di questi due fattori, si sviluppa il progetto lavorativo – precisa Teresa -. Attraverso degli step progressivi si arriva  fino all’assunzione».

L’educatore

Il progetto è personalizzato sin dalla fase del tirocinio. I costi dell’educatore sono a carico della Cooperativa che attinge a Fondi regionali o europei. I ragazzi, per obbligo di legge, vengono pagati dall’azienda che può avere uno sgravio fino al 70% per cinque anni. «Nel momento in cui riteniamo che il ragazzo sia pronto ad affrontare il mondo del lavoro cerchiamo per lui il contesto giusto – ammette Marco Adinolfi, educatore -. Creiamo un video curriculum e lo prepariamo ad un vero colloquio di lavoro. Avendo in mente l’originalità della persona, cerchiamo poi l’azienda più idonea ad accoglierlo. Una volta inserito lo affianchiamo per tutto il periodo necessario ad integrarlo nel gruppo di lavoro e rimaniamo a disposizione dell’azienda per qualunque problematica futura».

Dieci ragazzi con disabilità assunti in grandi aziende

Ad oggi sono 10 i ragazzi assunti a tempo indeterminato. Panini Durini, Mandarin Hotel, Armani cafè sono alcune delle aziende che hanno assunto i ragazzi della cooperativa. Un progetto che è diventato un vero e proprio modello. «Il successo di questo protocollo e del laboratorio formativo della bottega ci porta a credere di poter puntare su una vera impresa sociale» conclude Marco.

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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