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L’amore per la terra e per l’arte si intreccia in un’altra storia che abbiamo scoperto nel nostro viaggio tra le vie del Municipio 4. Qui siamo a est, a pochi chilometri da Linate, dove il rumore degli aerei che decollano ed atterrano si fa sentire con una certa costanza, ma non disturba e diventa un tutt’uno con l’ambiente. Un territorio fatto di ampi spazi verdi, distese incontaminate e anche fabbriche e superstrade, segno indelebile della cementificazione degli anni ’70 e della Milano industriale dei giorni nostri. Eppure, qui incontriamo Andrea, rampante ingegnere quarantenne che ha fatto una scelta per molti incomprensibile, per alcuni coraggiosa, di sicuro contro tendenza. Noi abbiamo deciso di raccontarla, perché la crescita di una metropoli come Milano passa da queste menti illuminate.

“Qualunque cosa tu possa fare o sognare, cominciala” Goethe.

“Qualunque cosa tu possa fare o sognare, cominciala. L’audacia ha in sé genio, potere e magia”. Questa frase scritta da Goethe, che si legge sulla homepage di Cascinet, ci introduce in una realtà senza tempo che parte dal recupero della cascina Sant’Ambrogio. Un’antica struttura del 1100 che oggi è la sede di questa grande comunità, messa in piedi da un gruppo di giovani professionisti impegnati in molteplici attività nel rispetto dell’ambiente e dell’arte.

Dall’agri ristoro alla Food Forest, le mille risorse di Cascinet 

Tanti i progetti avviati: Agri ristoro, luogo di incontro per cene sociali e aziendali; Food Forest, un’antica discarica trasformata in giardino con penta culture; Terra chiama Milano, per dare vita a orti condivisi, formazione ambientale e fitodepurazione; e TocCare per la raccolta fondi finalizzati al recupero e al restauro dell’Abside del 1100.
Incontriamo Andrea in una fresca e soleggiata giornata di febbraio 2020 ante Covid. Sono le nove del mattino, arriviamo alla cascina Sant’Ambrogio mentre i bambini dell’agri nido fanno il loro ingresso con giacche a vento e stivali di gomma. Pronti ad iniziare una giornata in mezzo al verde. «Qui le aule sono all’aperto a contatto con gli animali – ci spiega Andrea –. E dal prossimo settembre avremo anche la prima scuola nella natura. Dieci studenti che faranno lezione con le maestre nel grande parco. Impareranno la matematica contando le piante, la geometria misurando le distanze e le aree coltivate dei nostri orti condivisi. Insomma, un’esperienza sul campo che sicuramente sarà innovativa e differente».

Le piante si completano con food forest

Qui di consueto c’è davvero poco. Mentre i piccoli ospiti dell’agri nido si dividono in gruppi e raggiungono le loro aule all’aperto (chi nel giardino attrezzato, chi nella riserva indiana dove campeggia una grande tenda Sioux e chi nella riserva degli animali) Andrea ci mostra il sudario, la bio piscina e due baracche in mezzo al grande parco con una storia del tutto singolare.

Terra chiama Milano

Tutto questo è parte di “Terra chiama Milano”, un progetto di ecosostenibilità su cui Andrea, con un gruppo di giovani professionisti, ha deciso di scommettere.

«Oltre all’agri nido, ci sono apinet (per la produzione di miele locale) e food forest, un’idea innovativa che potrebbe cambiare il concetto di sostenibilità, ma anche di biologico e di rigenerazione. Non si tratta di un orto in senso letterario, ma di un concetto di piante che convivono e si completano nel migliore dei modi – ci racconta Andrea, mentre attraversiamo l’orto per raggiungere la zona più a nord del parco -. Vi faccio un esempio, il pomodoro che in pentola si sposa bene con il basilico, in realtà anche a terra funziona meglio se convive con quella spezia, perché questa commistione di sapori e odori genera una migliore qualità del prodotto coltivato. Un principio che funziona in tanti casi che noi stiamo sperimentando e che porteremo a regime presto».

Il mistero delle baracche registrate al catasto

Il racconto di Andrea si interrompe quando arriviamo nei pressi delle due baracche poste a nord del grande parco di Cascinet. «Qui vive una famiglia rom che abbiamo ereditato con l’acquisto di quest’area». Un’affermazione che ci coglie di sorpresa e la curiosità diventa stupore quando Andrea ci spiega che le due baracche sono registrate al catasto e non è stato possibile risolvere la situazione in modo differente, «se non adeguandosi a quelle che sono le carte».

Una famiglia nomade divenuta stanziale. «Per noi sono molto più che vicini di casa –spiega sorridendo – sono parte di questa grande realtà, tanto che i figli adolescenti seguono le nostre attività e partecipano attivamente alla vita di gruppo, mentre i genitori sono delle preziose sentinelle per il nostro grande parco». Un rapporto con i rom che non sempre è stato facile «in particolare all’inizio di questa grande avventura nella zona erano presenti tre campi rom. Grazie all’intervento delle forze dell’ordine con presidi di polizia 24 ore su 24 la situazione si è tranquillizzata e oggi la convivenza è buona».
Giusto il tempo di fare qualche altra domanda per capire che la famigliola rom è in procinto di trasferirsi in Germania. «Hanno deciso di tentare una strada più sicura che porta a nord – ammette Andrea – i ragazzi sono dispiaciuti, vorrebbero rimanere con noi, ma non è possibile ed allora tra qualche giorno dovremo salutarli e augurare loro miglior sorte». Anche per noi è arrivato il tempo dei saluti, non prima di visitare la cappella del 1300 ed ascoltare la storia di questa antica cascina oggi recuperata.

Il passaggio di Afrodite

Una leggenda narra che in questo luogo visse Afrodite e la lapide presente dalla notte dei tempi ne sarebbe testimonianza. La storia di questo luogo risale all’epoca delle monache di Santa Radegonda.  Nel 1162 si rifugiarono in questo angolo di Milano per fuggire alla distruzione della città per mano di Barbarossa. Nel sito fu costruita una chiesa, come evidente dall’abside che risale al periodo romanico. La stessa  venne poi menzionata durante le visite pastorali di Carlo Borromeo nel 1566. Nel 1800 la cascina, di proprietà della famiglia Castelli, fu donata ad un Istituto di Carità che successivamente la concesse al demanio e divenne del Comune.

Dal secolo scorso la cascina è stata destinata integralmente ad uso abitativo ed agricolo e dal 1935 si trasferirono al suo interno 12 famiglie. Cinquanta persone che adattarono i locali alle proprie esigenze ed il pavimento dell’abside venne adibito a ghiacciaia per la conservazione degli alimenti. In quegli anni la cascina era esclusivamente a vocazione agricola ed i proprietari, ogni mattina, portavano i prodotti della terra all’ortomercato e rifornivano i ristoranti della zona.

Nuova vita nel 2012

I ritmi della terra proseguirono lenti e cadenzati fino agli inizi del 2000 quando le attività agricole si interruppero, e la cascina venne abbandonata. Nel 2012 alcuni professionisti milanesi, tra cui il nipote del primo proprietario, Mario Gorlini, decisero di rilanciarla con un progetto ad ampio raggio.

Il resto è storia recente: Andrea e un gruppo di giovani desiderosi di costruire un punto di incontro con profonde radici storiche danno vita a Cascinet. Uno scrigno da custodire.

By Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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