Ci sono tradizioni che non si fermano neppure durante una pandemia. E Milano, da sei secoli, ne ha una che esprime cura, ricerca, cultura e dono. Siano al Policlinico di Milano, presso la Fondazione Cà Granda dove ogni 24 mesi, negli anni dispari, si rinnova il 25 marzo la festa del Perdono.

Un appuntamento che offre alla città un’occasione unica, scoprire il cuore pulsante della Milano che studia, lavora, cresce, salva vite e ringrazia per le tante donazioni che riceve dai cittadini.

I ragazzi di Brera omaggiano i benefattori

Anche quest’anno, nonostante il Covid, la città ha confermato la sua vocazione. In occasione della festività sono stati esposti gli ultimi sei dipinti realizzati da studenti dell’Accademia di Brera per ricordare chi, in un’unica occasione, ha fatto donazioni cospicue, superiori ai 250 mila euro.

I ritratti di coloro che hanno associato il proprio nome ad una causa tanto nobile, entrano di diritto nella collezione che oggi conta oltre mille benefattori. Sono uomini e donne che hanno amato l’ospedale, alcuni sono stati luminari, altri sono stati pazienti, di sicuro oggi sono diventati parte di un grande progetto sociale e culturale che ha in questo luogo la sua anima.

Nell’archivio la bolla miniata del duca Francesco Sforza

Per scoprire ogni dettaglio scendiamo nell’archivio storico dove sono conservati con cura e precisione i documenti dal 1456.

«Una ricchezza inestimabile che meriterebbe ben altra fama – afferma Marco Giachetti, architetto, da tre anni alla guida di questa Fondazione con l’obiettivo di farla crescere –. Qui troviamo tanti documenti, due dei quali segnano l’inizio di questa istituzione. La bolla miniata firmata dal duca Francesco Sforza che istituisce la costruzione dell’Ospedale Maggiore e la bolla papale di Pio II che concede il giubileo per la città di Milano e l’indulgenza per tutte le beneficenze private a favore dell’ospedale.

Per la festa del Perdono poi i cittadini donavano tutto quello che potevano in cambio dell’indulgenza, chi due galline e due uova e chi un palazzo. In questo modo l’ospedale nel tempo ha accumulato un patrimonio rurale importante che veniva usato per cibare le persone in ospedale, ma anche per coltivare erbe medicali destinate alla realizzazione delle medicine. Mentre per la parte immobiliare tutti i lasciti erano dati in affitto alle persone che ne avevano bisogno. Da questo incentivo al dono parte tutta la storia dell’ospedale diventato grande anche grazie alla filantropia dei cittadini. Donare affinché tutti ne possano godere, è il motto cresciuto nel tempo fino ad oggi».

Prima pergamena datata 1067 

Negli scaffali sono accatastati fascicoli che parlano di uomini e donne che hanno fatto grande l’ospedale e la medicina italiana. Il documento più antico custodito in questo luogo è una pergamena del 1067. Un senso di impotenza pervade Marco quando spiega: «Tutto questo patrimonio in qualunque altra città europea sarebbe un’attrazione internazionale.  Da noi è un piccolo museo che ho allestito a basso costo e fortemente voluto nell’indifferenza dell’amministrazione che non ha saputo dare il giusto valore ai manoscritti e ai dipinti che la Fondazione ha ricevuto in omaggio. Un esempio? Un Segantini inedito che racconta nello sguardo di un uomo tutta l’emozione provata nel porre la sua firma sull’assegno da destinare al Policlinico.

Un tesoro da mille ritratti

Ed è solo uno di una lunga lista che quest’anno si è arricchito di nuovi nomi e volti, come quello di Anna Teresa Maiolo, prima donna nominata professoressa di Ematologia in Italia che ha dedicato la sua vita al Policlinico, dove fino al 2004 ha diretto l’Unità di Ematologia.Le sue donazioni sono state dedicate alla realizzazione di un centro per la diagnosi ematologica dell’anziano (DEMA), con lo scopo di velocizzare l’accesso alla cura di patologie del sangue nei pazienti più fragili».

Il racconto di Marco è carico di emozione quando ci mostra la lunga carrellata di opere pittoriche esposte nelle sale allestite a piano terra. «Nella nostra quadreria abbiamo più di mille ritratti di benefattori che hanno donato ingenti somme all’ospedale, alcuni sono esposti, altri custoditi nell’archivio. Si tratta di persone comuni o di nobili, tutte figure straordinarie: alcune con primati nella società, come medici che hanno inventato tecniche d’avanguardia, altri industriali che hanno fatto la storia di Milano o religiosi. Mi piacerebbe allestire un grande museo per offrire ai cittadini di Milano e ai turisti questo patrimonio che racconta più di quattro secoli di storia della città».

Housing sociale per affitti a prezzi calmierati

Il senso di generosità della gente ha permesso all’ospedale di fare ricerca e migliorare le cure, ma anche di valorizzare in chiave innovativa il patrimonio ricevuto, restituendo alla città quanto capitalizzato su più fronti.

«Oltre ad un nuovo istituto con le più moderne tecnologie – riprende Marco che con le sue parole ci trasmette entusiasmo e ci fa innamorare dell’iniziativa -, anche un progetto di housing sociale a cui sono molto legato perché cerca di dare una risposta al problema della casa che riguarda molti cittadini. Grazie a Cà Granda, infatti, c’è la possibilità di avere in affitto a prezzi calmierati gli appartamenti di proprietà della Fondazione in varie zone della città. I destinatari non sono indigenti, ma non hanno abbastanza reddito da sostenere un affitto in una metropoli come Milano.

Con il marchio Cà Granda prodotti a chilometro zero

Infine, grazie al patrimonio agricolo di proprietà, abbiamo creato una linea di cibo sicuro e di qualità a chilometro zero che abbiamo messo nella grande distribuzione».
Un presente carico di emozioni e di solidarietà ed un futuro che Marco vorrebbe scrivere con il supporto delle istituzioni: «Mi piacerebbe riuscire, tutti insieme, a valorizzare questi contenuti e questo luogo per raccontare la storia della città da un’angolatura differente che in pochi conoscono. Io stesso prima di diventare presidente della Fondazione Cà Granda ignoravo tale patrimonio, pur essendo nato e cresciuto a Milano».

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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