Chi fa della difesa alla vita il primo comandamento è Soemia, direttrice e coordinatrice del CAV Mangiagalli. La incontriamo in una giornata di sole. I raggi filtrano attraverso i vetri al secondo piano della clinica del Policlinico di Milano e scaldano l’atmosfera. Siamo in un ospedale, ma la percezione è di
trovarsi in un’oasi di pace e serenità. La stessa che trasmette questa donna sorridente e dai modi gentili che ci accoglie e ci introduce nel mondo dell’associazione fondata da Paola Chiara Marozzi Bonzi. «Questo era il suo ufficio fino ad agosto 2019 quando improvvisamente è mancata lasciando un
vuoto incolmabile – Soemia ci mostra la poltrona, la scrivania di Paola e quasi si giustifica per occupare oggi il suo spazio e il suo ruolo -. Era una donna minuta, ma immensa. Era cieca da anni, ma mi piace sottolineare che lei vedeva le mamme con il cuore. Questo era il suo piccolo mondo antico con i suoi
oggetti e i suoi libri. Io ho cercato di non stravolgerlo. Qui incontrava le donne. A volte mi sembra di rivederla ancora, seduta ad ascoltare storie di vita. I suoi occhi azzurri guardavano oltre il buio, trasmettevano emozioni e trovavano soluzioni. Era unica. Io faccio del mio meglio, ma non è facile
ereditare il suo ruolo».

L’eredità del sorriso

Non siamo d’accordo, Soemia appare proprio come la persona giusta al posto giusto. Anche i suoi
modi sono gentili, caldi e avvolgenti mentre snocciola dati, racconta aneddoti e fatti accaduti. «Il Covid ha lasciato il segno anche qui – si affretta a dirci -. Dove i problemi si sono esacerbati, dove la paura di non farcela si toccava già con mano, la pandemia ha colpito e affondato la sua lama con forza. Le donne che si rivolgono a noi sono molto differenti le une dalle altre: per estrazione sociale e religione, ci sono
italiane e straniere. Tutte vivono una tempesta emotiva molto forte. Noi le ascoltiamo».
Ogni giorno bussano a quella porta, una decina di ragazze. «Non siamo noi a chiamarle, arrivano loro. Per fortuna – aggiunge Soemia -. Dopo il primo incontro vanno via con la promessa di tornare. La maggior parte lo fa e a quel punto proponiamo un progetto di aiuto personalizzato». Il percorso è in salita, ma la soluzione arriva sempre. In questo luogo nulla succede per caso. «A volte ho persino l’impressione di essere parte di un disegno più grande già tracciato – ammette a bassa voce Soemia -, perché mi è capitato di trovarmi in una situazione di bisogno e di ricevere subito dopo la soluzione
al problema». L’affermazione alimenta la nostra curiosità, facciamo domande per capire chi sta dietro a questo grande progetto in difesa della vita.

Un filo rosso unisce i volontari 

«Sono per lo più volontari che scelgono il CAV come mission. Chi si avvicina a questo mondo ha competenze specifiche, abbiamo medici, avvocati, psicologi, counselor e ancora magazzinieri e pensionati che aiutano nella consegna di passeggini e carrozzine là dove è necessario. Tutti legati da un
sottile e invisibile filo rosso che è la difesa della vita. Lo stesso che ha portato me a scegliere di intraprendere questa via». Gli occhi di Soemia si inumidiscono quando la mente corre indietro nel tempo. «Ho incontrato Paola nel febbraio 2019. La sua grandezza d’animo mi ha colpito e, da subito, ho avvertito il desiderio di essere parte di questo progetto. Ero incinta, il mio secondo figlio è nato ad agosto, poche settimane dopo la sua scomparsa. Allora ho deciso di proseguire il suo lavoro ed ho iniziato a frequentare il centro con il mio piccolo, tutti i giorni animata da una forza che solo Paola poteva trasmettermi. Oggi sono felice ed orgogliosa di portare avanti la sua mission e spero di farlo nel miglior modo possibile». Con umiltà questa donna dagli occhi profondi e dal sorriso grande
accoglie le ragazze, sono circa 1800 quelle che ogni anno si avvicinano al CAV della Mangiagalli.

Donne sole e con problemi economici

«Molte sono di Milano, altre arrivano dall’hinterland, la maggior parte ha già il foglio di interruzione della gravidanza in mano. Non tutte sono pazienti di questa clinica. Arrivano da noi spaventate, un tempo senza preavviso, ora a causa del Covid prendono appuntamento. Si raccontano: hanno molti problemi esistenziali, sono sole, spesso hanno difficoltà economiche o hanno perso il lavoro. Si sentono soffocare dai tanti problemi. Noi le ascoltiamo e cerchiamo di smontare le sofferenze, che sembrano
insuperabili, e che via via mettono in fila. Al termine del primo colloquio molte sanno che possono trovare una soluzione e noi siamo qui per offrirla. Chi sceglie di tornare sa che potrà contare su di noi fino all’anno di età del bambino e anche oltre. I primi mesi scorrono veloci con appuntamenti regolari in
cui sono assistite sotto ogni aspetto. Abbiamo un consultorio con psicologi, psicoterapeuti, ostetriche; organizziamo corsi preparto, consulenze per allattamento e gestione dei rapporti tra madri e figli. Il CAV ha dato una metodologia di ascolto attivo, diamo una prospettiva differente ai loro problemi e si
sentono soprattutto accolte e questo fa la differenza. Sono prevalentemente maggiorenni, ma abbiamo anche una fetta di mamme adolescenti che hanno ancora più bisogno di aiuto. Quando nasce il bambino, poi, diamo un sussidio economico e nei casi più gravi anche un’abitazione.

Gruppo 18+ e adotta una mamma

Trascorso un anno il legame che si è creato non si spezza, Paola non voleva abbandonarle, ed allora abbiamo ideato il gruppo 18+. Il Covid rende tutto più difficile, ma se sono senza lavoro, rivediamo il loro curriculum ed offriamo una consulenza per il reinserimento».
“La vita al centro” è il motto del CAV e per raggiungere l’obiettivo servono molti fondi. La raccolta si fa con ogni mezzo. Dalla vendita delle primule il 7 febbraio, giorno per la difesa della vita, ad iniziativa mirate, fino a progetti di lunga scadenza. «Con adotta una mamma, una famiglia può prendersi cura con piccole donazioni mensili alla sussistenza di genitore e figlio – conclude Soemia -. L’anonimato però è
sacrosanto. Informiamo con regolarità i donatori di come cresce il piccolo, ma non andiamo oltre. Ci sono equilibri delicati da difendere».

By Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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