Che fine farà il PalaSharp? A domandarselo sono in molti ancor più oggi dopo che l’ipotesi di diventare l’Hockey Arena per le Olimpiadi invernali  Milano Cortina 2026 è definitivamente accantonato. Chiuso  il capitolo “sportivo” della tensostruttura di via Sant’Elia, resta aperto invece il contenzioso tra il Comune e l’istituto Suore della Riparazione. Le madri che gestiscono la comunità per minori “Casa di Nazareth”, da tempo danno battaglia perché l’ex impianto venga definitivamente abbattuto. Nel frattempo il suolo pubblico su cui sorge la tensostruttura ospita due gazebi utilizzati come luogo di preghiera dalla comunità musulmana.

Suor Maria «Ecco perché il PalaSharp deve essere abbattuto»

Una soluzione che non risolve il problema, tanto più che le Suore della Riparazione lamentano una mancanza di ordine pubblico e di igiene. Alla vigilia del tentativo di conciliazione avviato dal Comune di Milano, abbiamo dato voce a Suor Maria che ha ribadito la sua posizione su una questione spinosa aperta 38 anni fa.

PalaSharp una concessione di 8 mesi che resiste da 38 anni

La battaglia delle Suore della Riparazione infatti parte da lontano, ricorda Suor Maria. «Era il 1985 quando Milano a causa di una nevicata copiosa si trovò senza palazzetto dello sport. Per rimediare venne costruito temporaneamente un tendone. Una soluzione provvisoria autorizzata dal Comune per 8 mesi, invece i tempi si sono dilatati oltre ogni possibile immaginazione  – sottolinea la madre –. Quando nel mese di agosto 1986 ho chiesto al comune delucidazioni in merito alla struttura ho scoperto che l’autorizzazione  concessa per otto mesi era scaduta, l’area era sotto sequestro, ma nessuno aveva intenzione di procedere, anche perché la concessione del terreno aveva durata di dieci anni».

Un abuso a tutto tondo

Ad infastidire le suore della Casa di Nazareth erano i rumori e le frequentazioni del PalaSharp che rappresentavano un disturbo e un pericolo per la comunità di minori. «L’area del comune su cui è stata costruita la tensostruttura era destinata a verde attrezzato – riprende Suor Maria –. È attigua ad una casa di rieducazione per minori e  dovrebbe pertanto tenere conto del servizio che lo stesso Comune ci chiede di fare. Invece negli anni la tensostruttura ha ospitato concerti e spettacoli che avevano un’acustica ben superiore ai 42 decibel previsti. In alcuni momenti ha toccato i 147 decibel. Valori che facevano tremare i vetri e che hanno creato disagio per la nostra comunità».

La moschea improvvisata

A distanza di 38 anni dalla sua inaugurazione e nonostante la disposizione del tribunale e la pressione delle Suore della Riparazione, oggi il PalaSharp è ancora in piedi. «Doveva essere abbattuto da tempo, invece è ancora qui – sottolinea la madre -. Il comune, più volte interpellato in merito, ha dichiarato di non avere fondi.  Nel 2013 sembrava che fosse destinato a diventare una moschea, ma il progetto non è andato a buon fine. Così la struttura sempre più fatiscente è rimasta, mentre i musulmani hanno allestito dei gazebo nel giardino del PalaSharp per le loro preghiere». Un compromesso che non ha risolto la questione, ma nel frattempo ha peggiorato il decoro della zona.

Sporcizia e spaccio

«La tensostruttura è sporca, ci sono topi e pantegane. Alle nostre denunce qualche volta rispondono con una igienizzazione, ma poco dopo tutto torna come prima», fa notare Suor Maria. Se oggi il problema dei decibel sembra risolto, dal momento che non ci sono più concerti, la zona deve invece essere riqualificata con interventi utili alla cittadinanza. «Manca la segnaletica sulla strada via Benedetto Croce – evidenzia suor Maria –. Questo è un problema per migliaia di ragazzi che frequentano gli istituti superiori della zona e per la comunità di colore. Manca la segnaletica e  una illuminazione adeguata tanto che ci sono state diverse vittime di incidenti stradali.  Mancano poi uomini delle forze dell’ordine per contrastare lo spaccio di droga già attivo alle 7,30 del mattino prima che i ragazzi entrino nelle scuole. Ho più volte segnalato i problemi al Municipio 8, ma non è stato fatto nulla».

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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