Lo sport entra nella Costituzione, una decisione che ha riscosso grandi consensi, eppure la strada per arrivare ad uno sport davvero inclusivo è ancora lunga, in particolare a Milano. Ne è convinto Bruno Mantovani, professore di scienze motorie di lunga data (ha iniziato la sua attività nel 1970 e accompagnato la squadra  di basket femminile Idea Sport dalla scuola Cristoforo Colombo del quartiere Villapizzone, fino al campionato di serie B nazionale). «Per il momento non cambia nulla – spiega Mantovani, oggi docente a contratto di teoria e metodologia dell’attività motoria e didattica del movimento umano alla Statale. -. Sarà un processo culturale lungo perché prevede il riconoscimento del valore di un diritto da garantire a tutti i cittadini, dal centro, fino alle periferie urbane e sociali. Un passaggio che comporta non solo un cambiamento di mentalità, ma anche una rivoluzione urbana. Oggi invece le città italiane, prima di tutto Milano, non hanno scuole attrezzate e strutture sportive adeguate».

Sport e ragazzi, tutto da rivedere?

In una lunga intervista a Obiettivo Milano, Mantovani snocciola una serie di dati, teorie e indica la ricetta per rendere Milano una città competitiva in Europa anche per le strutture sportive. «Mancano palestre e piscine, lo dicono le statistiche e manca la volontà di far crescere nei giovani la cultura dello sport come valore educativo – rimarca Mantovani -.Un tempo gli insegnanti di educazione fisica avevano sei ore extracurricolari pagate per lavorare in palestra nel pomeriggio. In questo modo si riusciva ad organizzare corsi gratuiti per gli studenti. Si cominciava con l’atletica che era la base di tutti gli sport e poi si organizzavano le squadre di pallacanestro e di pallavolo». Una passione che veniva trasmessa dai docenti agli allievi e faceva da traino per i piccoli e per i più grandi.

La favola di Idea sport: il sogno della Cristoforo Colombo

«Ho costruito una squadra di basket femminile nella scuola grazie alla collaborazione dei genitori – ricorda Mantovani -. Per 40 anni ho insegnato nella scuola Cristoforo Colombo di Villapizzone. Un giorno un’insegnante mi chiese di fare un corso di pallacanestro. Iniziai con un gruppo di 27 ragazze. Nacque la società Idea Sport (dal nome del negozio di vicinato che ci forniva le tute) e ci affiliammo alla FIP (Federazione Italiana pallacanestro). Al termine dei tre anni di scuola media, le ragazze chiesero di restare nella squadra e iniziò la cavalcata verso traguardi inimmaginabili. Giocavamo nel palazzetto di via Emilio Bianchi e nel 1998/1999 vincemmo il campionato di serie C. Per i due anni successivi abbiamo fatto il campionato di serie B nazionale. Un’impresa eroica». Poi le collette per le trasferte non bastavano più. «Non avevamo soldi e dopo quella esperienza siamo tornati nelle serie minori. Una parentesi felice che per me si è conclusa dopo 15 anni di attività, invece la società c’è ancora».

Milano maglia nera in Europa per le strutture sportive pubbliche

Sono circa 140 le strutture comunali sportive (80% costituite da campi di calcio)a Milano. Il valore è di una struttura ogni 10 mila abitanti, gli impianti sportivi comunali in concessione sono 111, gli impianti sportivi gestiti da Milanosport 28 ( piscine e grandi centri); mentre uno solo è gestito direttamente dal comune.  Numeri presentati nell’inchiesta di Luciano Bagoli, docente di educazione fisica che ha messo a confronto la metropoli milanese con Berlino e Parigi. Un lavoro che ha presentato nell’ambito del convegno “Sport, giovani e periferie” che si è tenuto lo scorso 16 settembre a Milano. Dall’analisi di Bagoli è  emerso che Milano nonostante abbia strutture sportive scolastiche e pubbliche spesso fatiscenti, ha tariffe tra le più alte d’Europa.

Piscine milanesi più care di Parigi e Berlino

«Poco meno di un anno fa l’assessore allo sport di Milano in un incontro presso il Municipio 5 disse che le tariffe per le attività ludiche sportive a Milano erano troppo basse e dovevano essere aumentate…», ricorda Bagoli. Una scelta che oggi vede Milano città tra le più care d’Europa nell’erogare corsi sportivi per i ragazzi. Le piscine comunali di Milano sport durante l’estate hanno un costo a biglietto di 8 euro in settimana e 9 nel weekend (scrive Bagoli nella sua relazione).  Il biglietto ridotto ha un costo di 5 euro dal lunedì al venerdì, mentre 7 euro nel weekend ed  è riservato ai bambini dai 5 ai 12 anni e per coloro che hanno un ISEE inferiore a 16mila euro annui. A Parigi ci sono 31 piscine comunali e l’ingresso ha un costo di 3,50 euro intero e 2,00 euro ridotto. Berlino per accedere alle sue 26 piscine coperte, 4 combinate (coperte ed estive), 26 estive e altre 6 scolastiche e di club, chiede un contributo di 3,50 per mezza giornata e di 5,50 euro per tutto il giorno. I bambini sopra i 5 anni pagano 1,25 euro, mentre sotto i 5 anni sono gratuiti.

Cosa manca a Milano

Anche per le piste di atletica la metropoli lombarda non brilla. Oggi a Milano ci sono 5 piste di atletica di cui 4 regolamentari e neppure tutte in buono stato. “XXV Aprile ha una pista in pessimo stato e una indoor costruita cinque anni fa che non può essere usata per errori di progetto e costruzione. Saini rifatta la pista nel 2020, a breve sarà chiusa per riqualificazioni generali. Pirelli non è regolamentare; mentre Carraro, unica struttura a sud della città, è chiusa da 5 anni e sulla pista cresce l’erba“, scrive. Se le strutture non brillano per gestione e resistenza, Bagoli ricorda che Milano è una sorta di Robin Hood al contrario infatti «I bambini che frequentano l’Arena pagano meno di chi vive in periferia».

No all’attività agonistica precoce

«Il settore sportivo giovanile va curato – riprende Mantovani -. Lo sport deve essere inclusione, ma attenzione ad abbassare l’inizio dell’attività sportiva agonistica a 6 anni creando aspettative enormi. È un errore clamoroso. Mi vengono i brividi solo a pensarci. Quando questi atleti arriveranno a 12 o 13 anni con 7/8 anni di attività sportiva agonistica precoce saranno assuefatti e non vorranno più praticare alcuno sport.  Per uno o due atleti che arrivano in alto, si lasciano indietro centinaia di” morti e feriti”. Questo è un aspetto dello sport che va corretto».

Perché sarebbe importante portare l’insegnante di educazione fisica nella scuola primaria

Per rendere lo sport più inclusivo la ricetta di Mantovani prevede l’inserimento dell’insegnante di educazione fisica nella scuola primaria. «Oggi questa figura è essenziale, perché è importante lavorare con i piccoli in un ambiente sereno multidisciplinare. Il bambino nei primi anni di età deve fare più esperienze di gioco – sottolinea -. Le attitudini non si perdono, anzi verranno fuori dopo i dieci anni. Spremere come limoni gli atleti in tenera età è un errore che avrà ripercussioni sul fisico e sulla psiche per lungo tempo. Lo confermano i dati: gli studenti italiani delle superiori che fanno sport sono solo il 35%, gli altri non fanno nulla».

Il modello francese

L’idea di sport suggerita da Mantovani ricalca il modello francese dove la scuola prevede quattro ore pomeridiane di attività sportiva. «In questo modo i ragazzi hanno la possibilità di fare sport gratuitamente all’interno della scuola. Da noi invece si parla di una nuova legge per i giochi della gioventù ma è superflua, serve solo a cambiare il nome. Mentre si potrebbe fare qualcosa con l’inserimento dell’insegnante di educazione fisica nella scuola primaria. Ogni scuola potrebbe diventare  centro sportivo gestito da una Federazione sotto il ministero della pubblica istruzione», conclude.

 

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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