Quello che il Derby è stato per tanti giovani artisti emergenti di cabaret, Rosetum ha fatto per attori e musicisti che – al teatro di via Pisanello 1  -devono l’inizio del loro successo. Oggi è uno di quei luoghi senza tempo quasi  magico.  Nella Milano multietnica e caotica rappresenta la parte più legata alle tradizioni e alle radici.  Un contrasto che appare evidente non appena si varca il cancello dell’unico centro Francescano Culturale Artistico presente in Italia, adiacente al convento cappuccino di piazzale Velasquez. All’interno del  giardino c’è la riproduzione della grotta con la Madonna di Lourdes, meta di fedeli in cerca di pace e di conforto. Subito dopo si arriva al cuore pulsante del centro francescano che dal 1957  ha, in tutte le declinazioni del teatro,  la sua ragione di vita.

  Il teatro di Padre Marco

A dirigerlo da tredici anni è Padre Marco Finco (nella foto). Una vocazione scoperta a 25 anni e una passione per il teatro e la musica che coltiva sin dall’infanzia l’hanno spinto nel 2011 ad accettare la sfida di rilanciare Rosetum.  «L’uomo per vivere ha bisogno della cultura oltre che del pane – spiega Padre Marco – per questo ho cercato sin dal mio arrivo di nutrire l’anima delle persone soprattutto con rappresentazioni teatrali, musicali e con una libreria che durante la pandemia è diventata un punto di riferimento per il  territorio».  Così Padre Marco ha trasformato spazi inutilizzati in laboratori di idee e di iniziative aprendo le porte a giovani attori e musicisti oltre che alla città.

Chapeau

Un impegno che da un lato ha permesso a tante promesse del teatro e della musica di crescere, di sperimentare e di affermarsi, e dall’altra ai  frati di accogliere il prossimo e di ispirarsi al carisma di Francesco D’Assisi e alla scuola di pensiero del dono. Con Chapeau l’intero ricavato, a cappello, è destinato agli artisti, alla loro resilienza e passione. «Durante il Covid il settore artistico è stato uno dei comparti lavorativi più colpiti a causa delle restrizioni – ricorda il direttore di Rosetum -. Da qui l’idea di fare spettacoli, rigorosamente all’aperto, ripristinando l’antica formula del “giro a cappello” alla fine dell’esibizione, quindi l’intero ricavato rimane all’artista. Ora il Covid è un solo un ricordo, ma Chapeau è motivo di incontro anche senza le restrizioni con numerosi appuntamenti per bambini, famiglie e tanta musica serale».

 Da Maria Callas al legame con il teatro alla Scala

Inaugurato da Maria Callas nel 1957, Rosetum ha mantenuto negli anni lo stretto legame con il teatro alla Scala. Un filo rosso che non si è mai spezzato.  «È  sempre stato un palcoscenico per i giovani. Tanti talenti  sono partiti proprio da Rosetum come il soprano Barbara Frittoli che ha fatto la prima alla Scala per diversi anni e ha calcato poi palcoscenici di tutto il mondo – ricorda con orgoglio Padre Marco -. Ma anche Celentano, Jannacci e Tenco erano soliti, negli anni ’70, provare i loro spettacoli proprio a Rosetum». Una volontà di coltivare talenti che negli anni si è ulteriormente fortificata diventando addirittura una rassegna: Prima della Prima.

Prima della Prima

Con Prima della Prima pensata e voluta con caparbietà da Padre Marco gli attori hanno la possibilità di provare gratuitamente i loro spettacoli, prima della prima appunto. Un progetto che funziona tanto da aver superato indenne, nonostante le difficoltà, anche lo stop forzato a causa della pandemia da Covid. Un’idea vincente che oggi è un appuntamento fisso per il pubblico di Milano. Un filo diretto con le grandi compagnie teatrali che qui possono provare omaggiando i frati e il pubblico di Rosetum della prima. Uno spazio all’estro e alla creatività che si ritrova anche nella scuola del Giullare nata nel 2016 e diventata col tempo un importante festival a livello nazionale con ospiti internazionali.

Il ritorno dopo il Covid

«Riportare la gente a teatro dopo il Covid è stata la sfida più grande – racconta il frate -. Le persone si sono abituate a stare a casa e si sono attrezzate con schermi più grandi e abbonamenti a canali tv di cinema. Questo ha penalizzato il nostro calendario». Ma se il cinema ha perso qualcosa il teatro con le idee e la volontà dei frati ha saputo cambiare pelle e reinventarsi. Ora è in scena con grande successo di pubblico e di critica il ciclo “la grammatica degli affetti”. «È una rassegna nata a tavola – ricorda padre Marco -. L’idea era di invitare la gente a cena e di intrattenerli con uno spettacolo durante il pasto, ma il Covid ha mischiato le carte e per forza di cose abbiamo dovuto cambiare la modalità. Oggi facciamo lo spettacolo alle 18  e al termine portiamo attori e regista a tavola con il pubblico».

La grammatica degli affetti

L’idea del frate artista si rivela subito vincente e gli spettacoli sono tutti sold out. Anche il nome “la grammatica degli affetti” è frutto della mente vivace di Padre Marco «Il desiderio di condividere un momento, un’emozione rende lo spettacolo un luogo di amicizia e di affetto – fa notare -. Da  qui il nome la grammatica degli affetti. Da quando ero bambino e andavo a teatro con i miei genitori avevo il desiderio di incontrare gli attori ma allora non era possibile, oggi con la grammatica degli affetti ho voluto regalare queste emozioni al pubblico di Rosetum».

Il futuro

Questo angolo creato e plasmato da Padre Marco è in continua evoluzione. Dal 2018 lo spazio è anche animato dal Rosetum Jazz Festival, un appuntamento magistralmente diretto dal maestro Lorenzo De Finti, pianista e compositore di fama internazionale, mentre in ambito musicale c’è la rassegna  “Progressione Armonica” diretta da Gabriele Oliveti. Rassegna Jazz, corsi di teatro per adulti e bambini, palestra per artisti e musicisti, ma Rosetum si appresta a crescere ancora. In progetto nuovi spazi esterni e un ristorante attrezzato per diventare con un teatro da 320 posti e due sale polifunzionali da 99 posti l’una, un centro di arte e cultura unico nel suo genere.

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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