Stefano è il proprietario di una macelleria storica di viale Serra; dal 1950 prima suo nonno e poi suo padre svolgono con passione l’attività che oggi è un punto di riferimento per i milanesi doc.  <<Non abbiamo mai temuto la concorrenza dei centri commerciali – esordisce – ma da circa otto anni siamo soffocati da una moltitudine di negozi etnici senza regole che si sono insediati sul territorio. Certo non fanno concorrenza ai miei prodotti, ma dalla loro possono applicare prezzi più bassi e soprattutto non hanno orario>>. La liberalizzazione delle licenze è un tema molto delicato da queste parti <<con l’arrivo di questi commercianti senza scrupoli – ammette Stefano che sottovoce mi confessa di aver ricevuto anche due minacce di morte – il settore già provato dalla crisi, ha avuto un crollo verticale. Io riesco a sopravvivere perché la mia carne è di qualità e la clientela che frequenta il mio negozio non andrebbe mai a rifornirsi nella macelleria araba qui di fianco, ma fino a quando sarò in grado di fronteggiare questa onda d’urto? >>. Appare rassegnato Stefano così come gli altri negozianti di Monte Ceneri. Troppa burocrazia e tasse per loro, nessun controllo invece per i negozi etnici. Una disparità che non può che generare odio e mal tolleranza ed infatti, andando a scavare più a fondo, si scopre che dietro alla liberalizzazione delle licenze si celano problemi più profondi di alcol, droga e prostituzione. <<la zona sotto il cavalcavia è terra di nessuno – riprende Stefano, spalleggiato da altri residenti che nel frattempo ci hanno raggiunto – i giardini pubblici di piazzale Accursio sono presi d’assalto dai bivacchi e dietro le siepi si nascondono borsoni con droga e merce da vendere. Il gestore del parco è stato aggredito da un gruppo di sud americani ubriachi perché non volevano allontanarsi. Spesso ci sono risse tra gruppi etnici differenti che si concludono con qualche accoltellamento. Abbiamo provato di tutto per risolvere il problema. Oggi qualcosa sta cambiando – ammette Stefano – l’incontro con il questore è stato provvidenziale, ci ha ascoltato, ha capito, ed ora le forze dell’ordine sono più presenti>>. Un passaggio importante per riportare il senso della legalità in questa zona e fiducia nei residenti. <<Non siamo razzisti>> tengono a sottolineare i commercianti di Monte Ceneri, <<Chi lavora onestamente e rispetta le nostre leggi è il benvenuto>>, puntualizzano. Ciò che non va giù a commercianti e residenti è il clima di insicurezza che si respira in alcune vie del quartiere. Per questo si sono organizzati con chat di condominio per segnalare aggressioni, furti e truffe che sono frequenti.  Qui a tessere rapporti con il vicinato, organizzare gruppi su WhatsApp sono soprattutto le donne. A guidare le guerriere di Espinasse -come le battezziamo dopo pochi minuti – è una giovane donna minuta, bionda, capelli corti, piglio deciso e una gran voglia di essere ascoltata. <<Mi chiamo Nadia – dice alzando il tono della voce per rimarcare il suo ruolo –  due anni fa ho subito un’aggressione percorrendo il tunnel che collega l’area del Politecnico con la zona di piazza Castelli. Hanno tentato di violentarmi. Ho avuto paura, ma ho capito che dovevo reagire, fare qualcosa. Da allora è iniziato il mio impegno per il quartiere. Sono sola con mio figlio, non ho paura delle minacce che puntualmente mi arrivano, ma non mi faccio intimidire. Dobbiamo restituire ai nostri figli una città vivibile e per farlo dobbiamo essere uniti. Per questo abbiamo creato le chat di quartiere. Nella nostra siamo in centoventi, ci scambiamo opinioni, segnalazioni, filmati di aggressioni e foto segnaletiche che poi puntualmente giriamo alle forze dell’ordine. Abbiamo segnalato ubriachi, spacciatori, episodi di scontri tra bande di sud americani rivali. Ho capito che l’unione fa davvero la forza, al di là dei luoghi comuni la nostra attività sta dando i primi frutti e la gente non si sente più sola>>.

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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