“Là dove c’era l’erba ora c’è una città… e quella casa in mezzo al verde ormai dove sarà?” cantava Adriano
Celentano nella celebre canzone “Il ragazzo della via Gluck” e se in altri quartieri di Milano il cemento ha
avuto la meglio, nel Municipio 7 l’agricoltura è ancora presente con otto realtà. Si tratta perlopiù di cascine comunali che fanno da corollario ai parchi del territorio. «Milano è il secondo comune agricolo d’Italia dopo Roma – ci raccontano al distretto agricolo -. In totale ci sono 636 aziende agricole dislocate in 7 zone per 2000 ettari di terreno coltivato. Producono riso, che forniscono a scuole ed asili, e poi grano, frutta e formaggi, che si possono trovare nella grande distribuzione. Un’economia che funziona abbastanza bene, ma i problemi non mancano. Negli anni sono stati fatti molti interventi per tenere in vita un settore in asfissia, a causa prima di tutto della cementificazione».

In rete per farsi ascoltare

Eppure, gli agricoltori milanesi – intere generazioni e qualche giovane che ha riscoperto il valore della terra – hanno fatto rete e non si sono fermati dinnanzi al cemento che di anno in anno erodeva i loro terreni per fare posto a palazzi, strade e superstrade. «Quando è stato opportuno ci siamo opposti al Pgt – riprendono – abbiamo fatto esposti, presentato progetti di riqualificazione e di rigenerazione delle terre. In parte siamo riusciti a dare ossigeno alle nostre attività, ma i problemi sono tanti: dalla viabilità, alla pulizia, ma soprattutto il controllo del territorio e la sicurezza sono i due temi che si ripetono e rimbalzano da una cascina all’altra».

Cascina Caldera modello di agricoltura urbana

Cascina Caldera, realtà comunale, affacciata sul parco delle Cave è il modello di questa nuova agricoltura
urbana. La corte, che ha mantenuto la struttura antica, è oggi sottoposta a ristrutturazione grazie ai fondi avuti dalla Regione. L’obiettivo è realizzare un’aula didattica per accogliere gli studenti delle scuole
milanesi. «Purtroppo, oggi pochi conoscono la Milano agricola e così i progetti delle scuole si orientano
verso la provincia o addirittura verso altre zone della Lombardia come Cremona o Pavia. Invece Milano ha molto da offrire da questo punto di vista, ma è necessaria una buona comunicazione e la collaborazione delle istituzioni» racconta Paolo, il fattore.

Più sicurezza e meno burocrazia

La burocrazia è uno dei principali freni alla rinascita delle cascine milanesi. «Per avere le risorse ho dovuto attendere anni – aggiunge –, lo sportello agricoltura del Comune dovrebbe snellire le
pratiche, invece è tutto troppo complesso. E poi le istituzioni dovrebbero vigilare di più sui terreni agricoli, affinché si rispetti il lavoro dei contadini. Purtroppo, c’è molto disinteresse e poco rispetto per chi produce.
Non sono mancati negli ultimi anni furti di materiale e di prodotti, mentre in alcuni casi i terreni agricoli
sono stati trasformati in depositi per il cantiere della nuova metropolitana. Queste infrastrutture devono
trovare spazi alternativi, non possono “mangiare” metri ai terreni agricoli». Un appello accorato ad
ingegneri e architetti che stanno già lavorando ad un piano di recupero delle aree dismesse di Milano e
devono guardare con un occhio di riguardo all’agricoltura urbana e a chi, con il coltello tra i denti, è riuscito negli anni a vincere importanti battaglie. Gli agricoltori di Milano e del Municipio 7 sono riusciti ad esempio a dare borse lavoro a adulti in difficoltà e a ragazzi con problemi sociali, impiegandoli in stage professionali.

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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