A Milano, come nel resto d’Italia si lamenta la carenza di medici e infermieri. Eppure quando un gruppo di professionisti sanitari fonda un’associazione per dare assistenza gratuita ai più fragili, trova porte chiuse e mille difficoltà. È quanto sta accadendo all’associazione milanese Ali di Leonardo OdV. Dopo aver avviato due ambulatori presso le case popolari di Molise Calvairate e Ponte Lambro, ha dovuto chiudere i battenti. Ora cerca una nuova location, idonea ad ospitare un ambulatorio infermieristico e medico attrezzato per accogliere soprattutto bambini, persone anziane con malattie croniche, malati psichiatrici ed extracomunitari.

AAA cercasi locali per cure gratis ai più fragili

A lanciare un appello alle istituzioni e alla politica è la presidente dell’associazione Gabriella Scrimieri. «Moltissime persone fragili -dice – si rivolgevano ai nostri ambulatori gratuiti perché senza il medico di base, senza pediatra o senza tessera sanitaria. Per undici mesi abbiamo aiutato, gratuitamente, centinaia di persone, e tanti bambini. Ora abbiamo bisogno di un nuovo spazio idoneo ad ospitare un ambulatorio per continuare la nostra opera d’aiuto».

Viale Molise e Ponte Lambro non idonei ad ospitare ambulatorio infermieristico e medico

Ad interrompere l’attività di Ali di Leonardo avviata da circa un anno al civico 42 di viale Molise e successivamente a Ponte Lambro è stata la necessità di trovare un ambiente a norma per ospitare un ambulatorio infermieristico e medico. «Vista la crescente richiesta e la necessità di fare oltre ad una prima anamnesi anche esami più specifici con apparecchiature tecnologicamente avanzate siamo stati costretti a lasciare, nostro malgrado, i locali di viale Molise e di Ponte Lambro – puntualizza Gabriella -. Il freddo e le condizioni degli stabili non ci permettevano di svolgere il nostro lavoro in maniera accettabile».

Ad avere più bisogno sono bambini, anziani e cronici

Aiutare il prossimo nel modo migliore possibile è la mission dei tredici professionisti, medici e infermieri, che fanno parte di Ali di Leonardo. A turno ricevono e prestano le prime cure a chi si rivolge a loro. «La maggior parte di noi lavora in ospedali di Milano anche 10/12 ore – ricorda Scrimieri – ma consapevoli del bisogno della città, dedichiamo il nostro tempo libero al volontariato per aiutare i più fragili, chi è solo e chi non può permettersi visite private e non può attendere i tempi delle liste d’attesa. In questo anno abbiamo incontrato tante famiglie, tante storie di sofferenza, di solitudine, ma anche tanti sorrisi colmi di gratitudine per quello che stiamo facendo».

Troppe porte in faccia

Usa il verbo al presente Gabriella perché il legame con i pazienti è sempre vivo e molto forte, nonostante oggi gli ambulatori siano chiusi. «Purtroppo, stiamo facendo i conti anche con una politica poco attenta ai problemi della gente. Proprio in queste ore abbiamo avuto l’ennesima delusione dal Municipio 4 per un locale abbandonato che avremmo ristrutturato a spese nostre, ma che invece non ci è stato concesso. Ancora una volta una porta in faccia. L’ennesima – dice a malincuore Gabriella -. Abbiamo tentato anche la strada dei privati grazie ad un benefattore che ci sta aiutando economicamente, ma quando i proprietari degli immobili vengono a sapere che l’ambulatorio sarà destinato a gente bisognosa preferiscono non affittare i locali». Eppure, il bisogno è evidente e si tocca con mano.

Cure e formazione per i fragili

A Ponte Lambro, Ali di Leonardo ha ricevuto la richiesta di fare formazione e dare informazioni di carattere igienico sanitarie alle mamme dei bambini della scuola elementare e alle maestre; ed ha prestato cure a tanti fragili. Come è accaduto a Melchiorre, un uomo italiano senza fissa dimora di 69 anni a cui è stata regalata una seconda vita. L’associazione, dopo avergli garantito assistenza per un ictus in corso, è riuscita a fargli avere tessera sanitaria e medico di medicina generale per permettergli di fare un delicato intervento per aneurisma cerebrale di cui era affetto.

Appello alla politica

«Il dispiacere più grande sono le continue telefonate delle persone perché hanno bisogno di qualcuno che li guidi, li aiuti a capire bene come fare le terapie, come accedere al sistema sanitario per una patologia cronica e via dicendo. Noi non abbiamo bandiere politiche e quindi non abbiamo santi in Paradiso ed oggi ci troviamo senza una sede e senza la possibilità di aiutare il prossimo». Non lo dice ma ci spera: «Qualcuno ai piani alti prima o poi ci ascolterà. Io non mi fermo», conclude Gabriella.

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *