Ricomincia da Roma la battaglia di Erika per avere ragione del Long Covid. La donna, originaria della Colombia, ma residente a Milano grazie all’associazione Long Covid è stata inserita in uno studio sperimentale all’Ospedale Gemelli di Roma. Un percorso di cura della durata di sei mesi nel tentativo di ritrovare la salute.

Long Covid: il calvario di Erika passa sul web per la raccolta fondi

La donna, provata da quattro anni di sintomi invalidanti: acufene, vertigini, sangue alle gengive, incontinenza, alopecia, sindrome premestruale e soprattutto abbassamento delle difese immunitarie, oggi è senza lavoro. Da due mesi non percepisce più neppure il reddito  di cittadinanza. Una condizione di precarietà che l’ha spinta a bussare alle porte delle istituzioni: dagli assistenti sociali all’ATS, fino alle associazioni del terzo settore e alla parrocchia. Una disperata richiesta di aiuto per sostenere le spese necessarie ai continui trasferimenti a Roma per ricevere il farmaco sperimentale.

Attiva alla proteina Herv oggi Erika sta provando un nuovo farmaco per sconfiggere il Long Covid

«A fine settembre ho fatto il test e dopo dieci giorni è arrivato l’esito positivo alla proteina Herv – racconta Erika -. Questo significa entrare nello studio e fare la cura sperimentale per sei mesi». È un fiume in piena Erika nello spiegare cosa le è accaduto dopo il Covid.

«Quando ho contratto il virus nel mio corpo si è generata una risposta immunitaria che ha scatenato una tempesta citochinica – sottolinea la donna -. Lo scopo di questa ricerca è di indagare sulle proteine ad alta tossicità. Per accedere  allo studio è necessario però avere la positività a Herv. Lo studio infatti tratta il Long Covid con il farmaco Temeelimab utilizzato per la sclerosi multipla».

Uno studio in due fasi: esami del sangue e test psicologici

«Non tutti coloro che hanno il Long Covid sono stati accettati nello studio, solo chi è risultato positivo alla proteina Herv». Erika vuole allontanare le voci di coloro che hanno messo in dubbio i suoi sintomi. «Ho dovuto lottare anche contro le maldicenze – puntualizza -. A dispetto dei miei problemi di salute ho sempre cercato di riprendere in mano la mia vita. Ho fatto progetti e immaginato un ritorno alla normalità, per questo sono stata ingiustamente fraintesa da più persone. Ho un carattere positivo, cerco sempre di reagire ad ogni avversità anche con il sorriso. Questo mi ha aiutato a sopravvivere negli ultimi anni, ma al tempo stesso ha generato intorno a me tanta cattiveria».  Un velo di diffidenza che l’arruolamento nel programma di studio ha messo finalmente a tacere.

Rush cutanei e stanchezza, ma anche tanta energia

Ora Erika ha tutto il tempo e il dovere di concentrarsi sul suo programma di cura che prevede una infusione di circa tre ore con il principio attivo di anticorpi monoclonali sintetici usati per trattare la sclerosi multipla. «Non so se faccio parte del gruppo di studio o di controllo – ammette –. Per ora so che dopo la prima infusione ho avuto una reazione cutanea con rossore al volto, mal di testa, e stanchezza nelle prime ore che poi ha lasciato il posto ad una forte carica di energia. Oggi mi sento meglio, ma so che il percorso sarà tutto in salita. La prossima infusione sarà il prossimo 21 novembre. So già che avrò giornate difficili e altre positive, di sicuro avrò bisogno dell’aiuto di molte persone per affrontare questo viaggio».

Erika chiede aiuto al Consolato

A destare preoccupazione sono anche le condizioni economiche della donna, costretta a chiedere il sostegno del Consolato Colombiano a Roma per recarsi al Gemelli una volta al mese. «ASCS, l’agenzia scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo pensa al biglietto del treno – dice- poi a Roma due funzionari del consolato colombiano mi hanno messo a disposizione una persona che mi accompagna in macchina dalla stazione all’ospedale. Non solo, il centro ascolto stranieri ha provveduto a fare un bonifico alle suore che mi hanno ospitato. Sempre i funzionari colombiani mi hanno fatto  una donazione di 80 euro».

Lanciata una raccolta fondi in rete

«Non potendo lavorare non ho mezzi per finanziare i viaggi e i soggiorni a Roma», prosegue. Per recuperare la salute Erika ha avviato anche una raccolta fondi sulla piattaforma https://www.paypal.com/paypalme/nonsonopiuio «Non sono stata tutelata come lavoratore prima e oggi come cittadino soffro tutti i limiti di una burocrazia complessa che uccide più del Covid. Per questo ho deciso di accogliere il suggerimento di una amica e chiedere aiuto in rete. Durante questo percorso condividerò la mia esperienza in tre lingue per aiutare chi soffre come me».

Anni di sofferenze per il Long Covid

Erika  ha incontrato sulla sua strada il Covid nel mese di marzo 2020. Ha trascorso 120 giorni al Covid Hotel Michelangelo di Milano. Tre mesi durante i quali le sue condizioni fisiche e psicologiche sono state messe a dura prova dal virus. Nel mese di luglio finalmente Erika è riuscita a negativizzarsi e  a ritrovare la libertà. Un ritorno alla sua quotidianità solo apparente però, perché qualche mese dopo sono apparsi i primi sintomi di Long Covid: fatigue, perdita di memoria, dolore cronico e nebbia cognitiva. Una lunga serie di patologie che non le permettono di lavorare e la costringono ad un lungo pellegrinaggio dentro e fuori dagli ospedali di Milano nella ricerca di un medico o di una terapia in grado di aiutarla. È tra i soci fondatori dell’associazione Long Covid e dallo scorso mese di settembre è entrata a far parte dello studio sul Long Covid dell’Ospedale Gemelli di Roma.

 

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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