Dieci famiglie e un sogno: realizzare a Milano una casa in grado di offrire agli abitanti un ambiente sicuro, con spazi comuni da condividere in un rapporto di vicinato sano e amichevole. Con questi presupposti è nata Base Gaia il primo co-housing frutto di un’idea di un abitare collaborativo di quattro nuclei famigliari che hanno scelto di condividere la realizzazione di una palazzina dieci anni fa sin dalle fondamenta.  Hanno scelto il terreno – di fronte al parco Lambro – l’architetto, che potesse realizzare il progetto, la banca per accedere il mutuo, le dimensioni, la posizione, gli spazi comuni, gli infissi, l’arredo degli interni e degli esterni, fino al tetto. Dopo diversi anni di riunioni, discussioni, l’ingresso e l’uscita di diverse famiglie, finalmente a fine 2019 è stata inaugurata Base Gaia.  Tra dicembre 2019 a febbraio 2020 tutte le dieci famiglie hanno preso possesso del loro immobile, proprio alla vigilia del primo lockdown. Mesi di convivenza forzata che hanno fatto bene al gruppo che si è ancor più amalgamato, ha messo a frutto l’esperienza di ognuno per rendere più vivibile gli spazi comuni, ha realizzato un co-working per il lavoro a distanza e una sala giochi per i più piccoli. Una scelta coraggiosa che oggi a 12 mesi dall’apertura per i residenti rappresenta una grande scommessa vinta e una grande opportunità di abitare collaborativo, in un momento di chiusura a causa del Covid <<l’idea di un co-housing nasce dalla voglia di condividere le piccole cose, dall’andare a prendere i bambini a scuola, piuttosto che dall’offrire un appoggio al vicino in caso di necessità – Anna, quarant’anni e due occhi blu profondi che donano un senso di pace è la portavoce del gruppo di residenti che un sabato mattina, a pochi giorni dal Natala ci accoglie nel salone delle feste. Un ambiente famigliare con una grande cucina dove <<una volta la settimana facciamo delle cene insieme, nel rispetto del distanziamento e delle regole imposte oggi dal DPCM>>, corregge il tiro per sottolineare che nonostante la possibilità di stare insieme, lo fanno a debita distanza, con la mascherina e a piccoli gruppi <<mai più di sei per volta – ammette – anche se è difficile tenere i bambini separati>>, sorride Anna e racconta simpatici aneddoti con protagonisti i più piccoli di cinque e sei anni che si divertono a passare da un appartamento all’altro attraverso il balcone comune. <<Non abbiamo voluto mettere dei divisori tra i balconi e così gli appartamenti sono di fatto comunicanti attraverso le porte finestre che nel rispetto della privacy sono chiuse ovviamente – puntualizza – ma non è insolito che un bambino bussi alla finestra dell’amico anziché alla porta>>.  Una volontà di stare insieme e di condividere gli spazi comuni che, dopo pochi giorni dall’arrivo di queste famiglie, perlopiù composte da giovani con figli in età scolare, è stata messa a dura prova dal primo lockdown. <<Ci conoscevamo, avevamo condiviso il percorso di costruzione dell’edificio, alcuni di noi già si frequentavano prima di arrivare qui, ma non tutti, e trovarsi chiusi in casa per mesi è stato un bel banco di prova>>. Superato a pieni voti, secondo il pensiero comune di tutti gli abitanti della palazzina di via Crescenzago al civico 101 che, alla spicciolata, raggiungono la cucina comune per condividere con Anna questo momento. <<la nostra è una scelta di corresponsabilità sulla gestione di spazi e una volontà di essere in relazione con il territorio in cui viviamo. – spiegano i residenti mentre sorseggiano insieme un caffè – Per questo abbiamo voluto uno spazio comune attrezzato con una cucina, un ambiente dove i ragazzi più grandi studiano e un altro in cui i piccoli giocano; un co-working nato dall’esigenza di lavorare da casa e una sala polifunzionale ancora non arredata che verrà messa a disposizione del territorio per eventi, riunioni, feste>>. A dispetto del covid, del primo e secondo lockdown, e del timore dell’ignoto che tende ad isolare, qui il sentimento che prevale è la condivisione nella consapevolezza che conoscere il vicino rende più sicuro l’ambiente. <<Tendenzialmente quando si parla di sicurezza si pensa ad alzare muri e creare confini, anche noi abbiamo installato impianti di allarme perché siamo di fronte ad un parco che ha una frequentazione di un certo tipo, ma per noi la sicurezza è data dal fatto che siamo dieci famiglie, ci conosciamo tutti, organizziamo le vacanze in modo che a casa ci sia sempre qualcuno che vigila. Paradossalmente, non è costruire muri che si rafforza la sicurezza, al contrario. – conclude Anna – Per questo, e ancor più in questo periodo di isolamento forzato,  noi ci sentiamo privilegiati>>.

 

 

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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