La realtà aumentata entra in sala operatoria e permette di ridurre le radiazioni della Tac. Grazie a questa innovativa tecnica infatti è possibile riprodurre una lesione ossea in maniera artificiale. Questo consente di posizionarla virtualmente all’interno del corpo del paziente e guidare con estrema precisione la mano del medico impegnato nella biopsia.   

La medicina del futuro

A proiettare la medicina nel futuro è l’IRCCS Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano (gruppo San Donato) con il Professor Luca Maria Sconfienza, responsabile dell’UO di Radiologia Diagnostica e Interventistica. Il primario, che è anche docente ordinario di Radioterapia presso l’Università Statale di Milano, ha condotto uno studio pilota per testare l’innovativo device di navigazione.

Perché la realtà aumentata  migliora la biopsia

Pubblicato sulla rivista European Radiology Experimental, lo studio, che ha coinvolto otto pazienti, ha preso in esame per la prima volta una nuova modalità, la realtà aumentata, per praticare l’esame bioptico. La novità sta appunto nella modalità di realizzazione dell’esame dell’osso. Con la realtà aumentata è possibile evitare le radiazioni che le Tac multiple richiedono. «Questa tecnologia si è rivelata sicura ed efficiente – spiega Sconfienza -.  Ci permette di vedere, virtualmente, attraverso il paziente e di eseguire la procedura senza il supporto di Tac sequenziali. Il vantaggio evidente sta nel fatto che riduce significativamente la dose di radiazioni».

Cinquanta percento di radiazioni in meno

Per eseguire un esame bioptico dell’osso, si ricorre a Tac  sequenziali. Ovvero scansioni in serie che permettono all’operatore di individuare il punto corretto in cui posizionare l’ago per il prelievo del campione di tessuto. Così facendo però  il paziente riceve una considerevole dose di radiazioni. Un inconveniente che si può evitare. Con lo studio dell’IRCCS Ospedale Galeazzi- Sant’Ambrogio realizzato dal professor Sconfienza è possibile ridurre le scansioni Tac di oltre il 50%.

Il modello tridimensionale dell’arto lesionato

Per rendere possibile questa applicazione, prima di eseguire la prima scansione Tac, sul corpo del paziente, attorno alla lesione da trattare, si applicano alcuni marcatori radiopachi, ben visibili ai raggi X. Un marcatore viene anche posizionato sull’ago utilizzato per la biopsia. Una volta acquisito il volume del corpo del paziente attraverso la Tac e identificata la lesione, un software specifico, tramite una telecamera, riconosce i marcatori cutanei dotati di QR Code e li accoppia con quelli identificati sulla Tac. Questo permette di costruire un modello tridimensionale di realtà aumentata che consente all’operatore di “navigare” (virtualmente) e di visualizzare la lesione e il percorso dell’ago, in tempo reale, all’interno del corpo del paziente. Il tutto viene integrato con un visore ottico indossato dall’operatore, che rende la procedura più immersiva e realistica.

Il futuro della realtà aumentata

Dopo l’utilizzo con successo della realtà aumentata per le biopsie e le ablazioni al fegato, in futuro la sua applicazione potrebbe essere estesa ad altre parti del corpo. « Auspico che questa nuova procedura entri a pieno titolo nella pratica clinica quotidiana – conclude il responsabile UO di radiologia diagnostica e interventistica dell’IRCCS Galeazzi- Sant’Ambrogio -, nell’ottica di offrire ai nostri pazienti soluzioni sempre più avanzate, ma anche sostenibili». .

 

 

 

Di Federica Bosco

Giornalista professionista e scrittrice, responsabile e coordinatrice del blog Obiettivo Milano

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